Appellativi: la Fortunata, l’Amante dei pazzi
Simbologia: una donna vestita da giullare, un paio di occhiali rotti
Nascita del culto: Era del Dominio
DOGMI E CuLTO
Molti ritengono che Varlosa sia divenuta la personificazione della fortuna stessa, del caso che non obbedisce a nessuno se non a sé stesso. Iniziano ad essere sempre più frequenti le preghiere a lei innalzate a seguito delle scoperte inaspettate dei sapienti, che siano essi arcanisti, guaritori, speziali, maestri delle rune, che vedono nell’imprevedibilità di una scelta azzardata la potenzialità del vero progresso: le sperimentazioni considerate folli e pericolose spesso sono quelle che danno i risultati più utili, seppur inaspettati e figli della fortuna e del caso.
Anche l’impulso creativo che porta gli artisti a colpire furiosamente un blocco di pietra o a far scorrere ossessivamente il pennello su una tela è sotto lo sguardo di Varlosa. Quell’arte folle e insensata si dice sia spesso ispirata dalla semidivinità che visita gli artisti per assecondarne la folle immaginazione.
Varlosa non ha una chiesa vera e propria e sembra un personaggio quasi folkloristico, ma le sue apparizioni all’interno di sanatori e altri luoghi popolati da chi ha ormai perso la propria mente, in tempi e luoghi diversi, sembrano essere confermate non solo dai malati, ma anche da chi li assiste. Sarebbero le sue le urla disperate che i folli rinchiusi sentono continuamente nelle loro teste e sarebbe lei la figura femminile che spesso ricorre nei loro racconti deliranti. Spesso ne parlano come di una figura materna e protettiva nei loro confronti, descrivendola come un’amica o anche un’amante, unico sollievo nella loro vita fatta di dolore e incubi.
Anche l’impulso creativo che porta gli artisti a colpire furiosamente un blocco di pietra o a far scorrere ossessivamente il pennello su una tela è sotto lo sguardo di Varlosa. Quell’arte folle e insensata si dice sia spesso ispirata dalla semidivinità che visita gli artisti per assecondarne la folle immaginazione.
Varlosa non ha una chiesa vera e propria e sembra un personaggio quasi folkloristico, ma le sue apparizioni all’interno di sanatori e altri luoghi popolati da chi ha ormai perso la propria mente, in tempi e luoghi diversi, sembrano essere confermate non solo dai malati, ma anche da chi li assiste. Sarebbero le sue le urla disperate che i folli rinchiusi sentono continuamente nelle loro teste e sarebbe lei la figura femminile che spesso ricorre nei loro racconti deliranti. Spesso ne parlano come di una figura materna e protettiva nei loro confronti, descrivendola come un’amica o anche un’amante, unico sollievo nella loro vita fatta di dolore e incubi.
SuSSuRRI TRA LE NAVATE
Pur essendo una semidivinità molto giovane, Varlosa risulta agli occhi dei sacerdoti più esperti una figura molto complessa e piena di sfaccettature, che inizia lentamente a trovare un suo posto in mezzo alle altre divinità, grazie anche alla diffusione degli studi sulla sua storia. La figura di Varlosa è legata al dio Neravaren da una gran quantità di leggende: alcuni dicono che fosse una donna di tale bellezza che il Dio, invaghito, abbia voluto elevarla a semi-divinità, cosa che ha fatto impazzire la mortale. Altre dicono che fosse già una creatura divina e che la pazzia, e la caduta a semi divinità, sia solo una conseguenza per il suo rifiuto al Dio della Soglia; alcuni ancora infine, sostengono che fosse pazza di suo e che proprio questa follia sia poi stato il vettore che le ha permesso di vedere oltre, e prendersi il ruolo che ha ora.